I vincoli di Kyoto, i temi dell'ambiente e del risparmio energetico possono essere vissuti in diversi modi. Da un lato, come un “costo” a carico delle imprese e dei consumatori e, dunque, come una perdita di competitività; oppure, dall'altro, come strategia di innovazione per entrare in un nuovo e più “sostenibile” modello di crescita e di consumo. Efficienza energetica, produzione di energia da fonti rinnovabili, tecnologie green, turismo sostenibile, stanno già oggi diventando nuove frontiere dell'economia in diversi paesi. Molte imprese italiane potrebbero inserirsi produttivamente in questo nuovo modello di sviluppo, potendo in più contare su un vantaggio competitivo derivante dalla naturale ospitalità turistica del nostro territorio, dalla qualità del paesaggio rurale e delle città d'arte, dall'esistenza di sistemi ambientali – montagna, collina, litorali – di straordinario valore naturalistico e culturale. I tempi sono oggi maturi per inserire nell'agenda politica italiana progetti di sviluppo imprenditoriale e infrastrutturale finalizzati a trasformare il territorio in senso green. L'esempio dell'edilizia sostenibile, che si è diffusa in alcune aree del Paese, dimostra che il risparmio energetico è compatibile con una migliore qualità della residenza e, allo stesso tempo, con la valorizzazione economica del patrimonio immobiliare.
Montagna e spazio rurale come fattori di un nuovo sviluppo dell'Italia
Negli ultimi 50 anni si sono manifestati in Italia rilevanti fenomeni di espansione delle aree urbane e metropolitane, a cui è corrisposto il progressivo abbandono della montagna e dei territori rurali meno accessibili. Questa polarizzazione territoriale dello sviluppo ha raggiunto limiti difficilmente superabili, se non a costi economici, ambientali e sociali insostenibili per tutto il Paese. E' arrivato il momento di invertire questo processo, facendo della montagna e dello spazio rurale i fattori di un nuovo sviluppo dell'Italia. La strategia di riequlibrio territoriale dello sviluppo non deve, tuttavia, essere confusa con le tradizionali logiche di sostegno ai territori in difficoltà. Al contrario, si tratta di guardare alla montagna e allo spazio rurale come straordinarie risorse per il rilancio di processi di crescita nazionale basati sulle filiere più innovative e promettenti anche dal punto di vista economico. Basti pensare alla produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico, solare, bio-masse, eolico, eccetera), alla riduzione di emissioni di CO2, alle produzioni alimentari tipiche e biologiche, al turismo culturale e naturalistico, alla bio-edilizia, ai sistemi di trasporto sostenibile, allo sviluppo intensivo di servizi alle persone e alle imprese basati sulle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Queste attività produttive possono trovare nella montagna e nello spazio rurale i territori ideali per crescere, contribuendo in questo modo a rilanciare l'Italia sulle frontiere più avanzate dell'innovazione e dello sviluppo sostenibile. Questo significa, perciò, un cambiamento di prospettiva nel guardare al ruolo della montagna e dello spazio rurale. Da aree marginali, a località centrali di un nuovo modello di sviluppo. Da luoghi di abbandono, a nuovi spazi di opportunità economica e sociale. Da condizioni di arretratezza che chiedono compensazioni economiche, a fattori di modernizzazione in grado di produrre servizi di mercato a domanda pagante. Da modelli insediativi in concorrenza con i sistemi urbani e metropolitani, alle complementarità ambientali, energetiche, sociali. Le aree montane e rurali possono, infatti, svolgere funzioni “produttive” paragonabili a quelle dei grandi parchi urbani, solitamente la parte più qualificata degli insediamenti metropolitani, e componente sempre più centrale per i bisogni e gli stili di consumo moderni. In questa parte del territorio può prendere forma un “programma di sviluppo” per l'Italia, che ha imprenditori capaci, prospettive di crescita promettenti, flussi di domanda crescente sia a livello locale come a scala globale.
Per un insieme di comunità sostenibili e sicure
Ciò che si intende promuovere con questo manifesto non è solo un programma di sviluppo economico, ma anche di “rinascimento” civile e urbanistico del nostro Paese. La modifica dei flussi demografici e dei fenomeni migratori, stanno trasformando il nostro territorio anche dal punto di vista “urbanistico” e sociale. E' fin troppo evidente osservare che, laddove prevale il modello spersonalizzante della grande concentrazione anonima, condominio, ghetto, ecc… anche le tensioni sociali sono più alte. Dove invece prevale il modello della “Comunità sostenibile e sicura” si assiste, sia pure con alcune inevitabili tensioni sociali e culturali, alla nascita di una “nuova modernità” basata sulla cittadinanza produttiva, l'integrazione sociale e una maggiore responsabilità verso i problemi energetici e ambientali.
Trasformazione dei consumi e dei comportamenti individuali
Stile di vita globale e funzioni imprenditoriali moderne, in linea con le nuove filiere del valore non sono in contrasto con strutture organizzative “decentrate”. Piccoli comuni dotati di servizi moderni e di qualità, villaggi turistici di montagna, alberghi diffusi, outlet commerciali, strade del gusto, parchi dello sport, fabbriche abbandonate e trasformate in centri culturali, città dell'innovazione... sono tutti luoghi nei quali si stanno sperimentando nuovi modelli di vita e di consumo, che integrano attività di terziario avanzato e residenza, produzioni agricole con servizi e tecnologie innovative applicate al turismo, allo sport, alla ristorazione, alla cultura e wellness. Non si tratta, perciò, di ostacolare i flussi migratori dalla città alla campagna, ma anche progetti “green” di ristrutturazione degli spazi urbani. In queste aree è presente una domanda qualificata e nuove infrastrutture di comunicazione, tecnologie abitative, sistemi di trasporto e servizi di manutazione sia pubblici che privati. Servizi e manutenzione-disegno del territorio come strumento di mobilitazione della società.
Democrazia e nuove istituzioni per la governance del territorio
L'Italia sta affrontando le trasformazione che abbiamo descritto sopra anche attraverso la riforma delle proprie istituzioni. Il “federalismo” fiscale e nuovi livelli di “sussidiarietà” tra regioni e territori sono oggi tema centrale nell'agenda di governo. La discussione è aperta, non solo in relazione agli aspetti di ordine amministrativo (che riguardano la struttura dei livelli decisionali, i gradi di autonomia e i contenuti della decisione politica), ma anche e soprattutto in relazione ai grandi temi della “produttività” del settore pubblico e dell'equilibrio tra pubblico e privato.
Non c'è contraddizione tra modernità, sviluppo di funzioni urbane e cura del territorio “montano e rurale”. Anzi, proprio per il valore strategico di questa componente rilevante del Paese, proprio per la centralità futura del modello di “Comunità Sostenibile e Sicura”, i piccoli comuni e gli altri enti rappresentativi lanciano una propria specifica proposta per il federalismo italiano: trasformare le istituzioni oggi esistenti, da enti locali di distribuzione (centro di costo dello stato nazionale) a istituzioni di progetto (centri di profitto), agenzie di sviluppo, capaci di elaborare programmi di investimento autonomi.
E' tempo di cambiare non solo modello economico e sociale, ma anche il centro della politica italiana: dai soggetti della fabbrica e della città ai nuovi soggetti emergenti nei territori “green”.
Hanno redatto il Manifesto:
Enrico Borghi, Tommaso Dal Bosco, Giancarlo Cor, Paolo Gurisatti, Ugo Baldini