La trasformazione del workplace dovuta alla mobilità, alla miniaturizzazione delle attrezzature e anche alle nuove forme di organizzazione aziendale è stato il cuore del seminario “Dalla Burocrazia alla Zainocrazia: scenari per un ufficio fluido” dello scorso 27 febbraio, che ha messo a confronto diversi punti di vista.
Il presidente Gianfranco Marinelli ha aperto i lavori sottolineando come l’ufficio si sia sempre configurato assecondando l’evoluzione delle macchine. Qualche esempio: la scrivania con allungo dattilo perfettamente funzionale all’utilizzo della macchina da scrivere, o le profondità delle scrivanie aumentate per accogliere i primi ingombranti computer e poi ridotte quando i monitor sono diventati piatti. Seguendo questa logica, la miniaturizzazione dei nostri laptop e devices mobili, comodamente trasportabili in uno zaino può davvero portare all’estinzione dell’ufficio.
1. Noi aziende di arredi per ufficio dovremo forse trasformarci in produttori di zaini?
A questa domanda provocatoria risponde Leonardo Previ, che - in un articolato excursus storico partendo dalla rivoluzione industriale e con sconfinamenti nella letteratura e nel cinema- conferma come effettivamente le macchine abbiano modificato i nostri stili di vita, i nostri ambienti e come siano in grado di svolgere molte attività meglio dell’uomo.
Il Lavorare è passato dalla stanzialità di un'economia basata sul settore primario, al pendolarismo dell’era industriale quando la concentrazione delle macchine in un unico luogo -la fabbrica- esigeva lo spostamento dei lavoratori. Oggi le macchine che usiamo nel settore terziario non devono necessariamente essere concentrare in un luogo e questo ha determinato il nomadismo.
La macchina però non ha ancora sostituito l’uomo nelle sue performance più evolute: la capacità di muoversi e l’abilità nel trovare soluzioni per risolvere situazioni e problemi non previsti. Prerogativa, questa, indispensabile in una società che, proprio il nostro continuo movimento, ha reso sempre più complessa e imprevedibile: una società sintetizzata dall’acronimo VUCA che bene descrive la volatilità, l’incertezza, la complessità e l’ambiguità (Volatility, uncertainty, complexity and ambiguity) che la caratterizzano. La zainocrazia è dunque il fenomeno emergente capace di offrire una risposta costruttiva alla complessità del nostro tempo. In antitesi alla burocrazia che, al contrario, è la risposta distruttiva da parte di chi teme la complessità e risponde con organizzazioni fini a se stesse che si auto alimentano senza scopo.
Un uso paradossale delle organizzazioni che - come sottolinea l’etimologia greca organon - strumento - dovrebbero essere “strumenti” per raggiungere uno scopo, gruppi di persone che si uniscono per conseguire obiettivi comuni.
L’approccio zainocratico
Assumere un approccio zainocratico significa quindi liberarci di quelle organizzazioni che sono diventate strutture inamovibili, pedanti e improduttive. Lavorare nell’era zainocratica significa anche passare dall’uso di macchine banali -efficienti e capaci di eseguire i compiti assegnati, ma incapaci di improvvisazione - all’uso di macchine non banali - ovvero efficaci, guidate dalle domande e dalle emozioni, capaci di improvvisare e di auto-organizzarsi - insomma esseri umani. E’ sulle esigenze di queste “macchine non banali” che l’ufficio deve essere configurato. Un workplace capace di accogliere persone che, grazie ai loro device, hanno la possibilità di lavorare anche altrove. L’ufficio deve assumere l’identità di una infrastruttura finalizzata ad alimentare un mercato interno della conoscenza, a incentivare la prosocialità e a trasformare i dipendenti in “sensori”, per esempio attraverso spazi per la conversazione e recuperando il valore della convivialità.
Sul valore del workplace si sofferma anche Andrea Montuschi che, in un vivace intervento ricco di stimoli e di comicità, ironizza sull’ apparente contraddizione di aziende che offrono ai dipendenti uffici sempre più belli, accoglienti e ben serviti, ma che allo stesso tempo adottano lo smart working e quindi chiedono ai dipendenti di lavorare altrove.
Il risultato delle survey e lo scenario offerto dalle Best Company che ogni anno vengono premiate da Great Place To Work che, attraverso interviste fatte ai dipendenti, determina il clima aziendale indicando come intervenire sull’organizzazione per diventare “un bel posto dove lavorare”, dà indicazioni chiare sull’importanza degli spazi di lavoro.
Lo scorso anno è stato addirittura istituito un premio specificamente dedicato alla qualità del workplace, vinto da Geico. I dati sono raccolti sono significativi: la percezione degli spazi di lavoro incide dello 0,75%/ 1% sulla percezione globale di benessere dei dipendenti e contribuisce indubbiamente alla serenità psicologica.
Open space e desk sharing
Entra più concretamente nel tema del progetto del workplace Paolo Mantero, raccontando non solo l’interior delle due sedi BNL BNP/Paribas di Roma e Milano, ma soprattutto il percorso durato 5 anni che ha preceduto la realizzazione. Un percorso iniziato con l’analisi di DEGW dalla quale emergeva che il 50% delle postazioni di lavoro risultavano inutilizzate durante l’arco della giornata. Da qui la decisione di adottare un layout open space e, in un secondo momento anche di assegnare il 10% delle postazioni al desk sharing. Un cambiamento organizzativo non previsto e rivoluzionario in una struttura come BNL che porta a una organizzazione spaziale Activity based e all’identificazione di 4 gruppi tipologie di work setting (finalizzate al lavoro individuale o di gruppo e in aree si servizio o per interazione) ciascuno dei quali declinato in diverse varianti.
La realizzazione di un’area campione dove le diverse divisioni hanno avuto modo di testare a rotazione per due anni i diversi work setting, ha inoltre fatto emergere la necessità di “spazi terzi”, ovvero luoghi ibridi che possono essere utilizzati in modo diverso durante l’arco della giornata: dove bere un caffè la mattina, incontrare un collega, oppure tenere una riunione informale nel pomeriggio. Proprio questi spazi sono i più affollati e i più apprezzati dai dipendenti, a conferma che la convivialità - come anche ha teorizzato Previ- è uno dei fattori che generano maggiore benessere nelle persone, anche in ufficio.
Nonostante il radicale change management in atto in alcune compagnie, conclude sorridendo Mantero, possono stare tranquille le aziende produttrici di arredi perché BNL/BNP Paribas ha comunque acquistato oltre 5500 scrivanie, personalizzate!
2. Che tipo di arredi deve concepire il designer per questa organizzazione zainocratica?
Tenta una risposta Paolo Favaretto che, con molta ironia, mostra una serie di borse (borsa dell’architeto, borsa del medico, del commercialista dell’idraulico, ecc) capaci di rimandare a una professione e anche a un luogo di lavoro ben definito.
Ma lo zaino a quale professione rimanda? A quale luogo? Questa trasversalità dà ai designer un compito molto arduo e mette le aziende produttrici di fronte alla più assoluta incertezza. E’ ingenuo pensare che si possa lavorare sempre nei “third space” e non basta portare in ufficio le biciclette e gli skateboard per renderli innovativi. I produttori di arredi, quasi sempre incapaci di dare un briefing preciso, spesso si affidano a un archi-star che realizzerà qualcosa di fotogenico, ma che non si vende; oppure sceglieranno la soluzione più facile e che richiede meno investimenti, ovvero il divano in tutte le sue possibili configurazioni.
La possibilità di innovare è solo nelle mani del designer che deve saper cogliere i cambiamenti reali e progettare prodotti longevi che sappiano anche adattarsi ai cambiamenti.
Le aziende, che in ogni parte del mondo, continuano solo a basarsi su ciò che è già sul mercato e su ciò che hanno già a catalogo i concorrenti, non sono in grado di portare innovazione.
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Il Seminario organizzato da Assufficio “Dalla Burocrazia alla Zainocrazia: scenari per un ufficio fluido.” si è svolto il 27 febbraio 2018 presso la sede FederlegnoArredo.
Relatori:
Gianfranco Marinelli, presidente di Assufficio.
Leonardo Previ, autore del saggio “Zainocrazia”, docente di Gestione delle Risorse Umane all'Università Cattolica e presidente di Trivioquadrivio.
Andrea Montuschi, presidente di Great Place to Work,
Paolo Mantero, architetto;
Paolo Favaretto, designerRenata Sias, giornalista, organizzatrice e moderatrice dell’incontro