Con l’obiettivo di osservare l’ufficio da un altro punto di vista e offrire nuove prospettive, l’incontro che si è svolto il 23 maggio presso la sede di FederlegnoArredo a Milano intitolato “Il senso felice del lavoro e del workplace” indaga sulle identità possibili di quell’ufficio fecondo, resiliente e adattivo al quale era ispirata anche l’omonima installazione allo scorso Salone del Mobile.
Il focus del workshop era sul gioco, non come “gamification”, ma come strumento di cambiamento della cultura aziendale e delle relazioni tra le persone perché nel gioco, come afferma Schianchi “emerge la necessità di esprimere la perseveranza, la tenacia, la pazienza, l’impegno” e, come sosteneva Isao Hosoe “È nel gioco che l’essere umano esprime il massimo della sua intelligenza”.
È stata proprio la testimonianza di Loccioni a dimostrare concretamente come il gioco possa portare all’eccellenza e fondersi con i pilastri della Corporate Social Responsibility.
Maria Paola Palermi, communication manager di Loccioni, ha spiegato come il progetto “Play Factory” abbia portato a migliorare la qualità della vita delle persone in modo responsabile e sostenibile.
Mentre Lorenzo De Bartolomeis, che dal 2007 ha collaborato con Isao Hosoe allo sviluppo del progetto in progress Play Factory, ne ha spiegato i concetti base e sottolineato come questa visione abbia modificato i comportamenti- anche dei clienti- e l’approccio al progetto degli spazi di lavoro.
Molti sono i punti di contatto con la visione di Cristiana Curtrona di ReValue, progettista dell’installazione “A Joyful Sense at Work” e dell’omonimo progetto guida per Salone Ufficio 2017.
Un invito all’ascolto dei bisogni reali e a concepire lo spazio di lavoro capaci di produrre felicità.
Affascinante la visione di workplace come contro-spazio, come eterotopia, ovvero l’inaspettato che fa irruzione nei nuovi spazi del lavoro, bene descritto da Michel Foucault: ”Non si vive in uno spazio neutro e bianco; non si vive, non si muore, non si ama nel rettangolo di un foglio di carta. Si vive, si muore, si ama in uno spazio quadrettato, ritagliato, variegato, con zone luminose e zone buie, dislivelli, scalini, avvallamenti e gibbosità, con alcune regioni dure e altre friabili, penetrabili, porose. Ci sono le regioni di passaggio, le strade, i treni, le metropolitane; ci sono le regioni aperte della sosta transitoria, i caffè, i cinema, le spiagge, gli alberghi, e poi ci sono le regioni chiuse del riposo e della casa. Ora, fra tutti questi luoghi che si distinguono gli uni dagli altri, ce ne sono alcuni che sono in qualche modo assolutamente differenti; luoghi che si oppongono a tutti gli altri e che sono destinati a cancellarli, a compensarli, a neutralizzarli o a purificarli. Si tratta in qualche modo di contro-spazi.”
Di Antropodesign come impronta progettuale e di variabili culturali e immateriali che ri-definiscono percorsi esistenziali parla Francesco Schianchi, docente e consulente, che sottolinea come dal nuovo “senso del lavoro” emerga una “dimensione ludiforme dove operativo e desiderativo, individuale e collettivo, riconoscimenti e ricompense, regole e trasgressioni, rigidità e fluidità diventano variabili compresenti”.
“Il workplace -continua Schianchi- è un territorio dell’accadere, uno spazio-tempo dove si tessono e si smontano ragnatele di significati, di senso e di progetto. Il workplace è un luogo di vita piena dove si esprime una intelligenza diffusa e interconnessa”.
A concludere l’incontro due progettisti - Laura Stecich e Antonio Borghi di Unispace- che hanno raccontato alcuni loro recenti progetti di workplace: allestimenti da vivere e da trasformare che stimolano personalizzazioni e riappropriazioni.
È per rispondere a questi nuovi approcci e “accompagnare il tempo-luogo del lavoro come esperienza attraente e giocosa” che anche i progettisti e le aziende produttrici di arredi devono mettersi in gioco.
Guarda il video di Loccioni